Qual è la prima cosa che vi viene in mente leggendo l’espressione fast food? Hamburger e patatine fritte immagino. Ma se pensate che la ristorazione veloce nel 2014 sia sinonimo solo di cibo spazzatura e che offra esclusivamente panini, polli fritti e bibitoni zuccherosi, beh, siete molto lontani dalla realtà. Oggi il cibo “fast” non è necessariamente anche “junk”, possiamo infatti considerare l’inevitabile correlazione tra i due aggettivi come uno stereotipo ormai legato al passato.
I ristoranti cosiddetti “fast food” nascono negli anni Ottanta nei paesi anglosassoni dalla necessità di offrire cibo semplice e veloce da preparare, unito ad un servizio rapido, per far fronte ai nuovi stili di vita, ai convulsi ritmi lavorativi e alla frenesia che invade ogni momento della vita quotidiana, anche quello dei pasti. Fin da subito la velocità, però, ha coinciso con la bassa qualità degli alimenti offerti, e i fast food presto si sono identificati in spacci di cibo scadente e poco salutare, propinando, nella maggioranza dei casi, veri e propri sottoprodotti di lavorazione a clienti affamati e molto poco informati.
La qualità mediocre del cibo offerto non ha impedito o ostacolato il successo delle catene di fast food che, al contrario, ancora oggi registrano ottimi fatturati. Questi ristoranti possono contare su alcuni punti di forza che permettono loro di mantenere un flusso di clienti pressoché costante: sono economici, grazie ai menu fissi, alle offerte periodiche e alla bassa qualità delle materie prime; sono prevedibili e rassicuranti, l’offerta dei piatti è infatti piuttosto limitata e identica in ogni ristorante della catena e in ogni città.
Grazie a questa formula vincente i classici colossi del fast food come McDonald’s, Burger King e KFC hanno colonizzato tutti i paesi occidentali monopolizzando la ristorazione veloce e qualificandola universalmente come distributore di cibo spazzatura.
Questo almeno fino a poco tempo fa. Ultimamente nelle nostre città, anche se con un discreto ritardo (come al solito!) rispetto al resto dell’Europa, si è assistito a una fioritura di nuovi ristoranti e tavole calde che uniscono alla velocità del servizio una proposta gastronomica degna di questo nome, originale, attenta alle materie prime e alla nostra salute.
Ma da cosa è partito questo cambiamento? Un primo complice si può rintracciare nella crociata contro l’obesità e nella straordinaria campagna di sensibilizzazione nei confronti dei rischi a cui vanno incontro i consumatori abituali di junk food che si è sviluppata negli Stati Uniti, dove il problema è percepito come un’urgenza. A ciò va aggiunto lo sviluppo di una sensibilità e di un maggior grado di consapevolezza a livello mondiale che riguarda i temi, non solo della salute, ma anche dell’ecologia, dello sviluppo sostenibile, dell’agricoltura biologica.
Fate una passeggiata per le strade del centro della vostra città e vi imbatterete sicuramente in take away e ristoranti da asporto che propongono cibi fino a poco tempo fa confinati in locali raffinati e frequentati da clientela “alternativa”. Queste nuove versioni del vecchio fast food hanno sostituito al cibo industriale prodotti biologici; al panino saturo di grassi animali e al classico hot dog “di plastica” rispondono con alternative genuine o proposte vegan e crudiste, largo quindi a zuppe, insalate, verdure fresche e sane. Spuntano così le hamburgherie di alta gamma che garantiscono l’utilizzo esclusivo di carni di ottima qualità e di provenienza italiana, locali che fanno entrare nelle loro cucine solo alimenti freschi e bandiscono surgelati e precotti.
Non mancano poi le versioni local, cioè quei ristoranti che ponendosi in perfetta antitesi rispetto alla globalizzazione del cibo, puntano tutto su filiera corta, chilometro zero e valorizzazione dei prodotti del territorio.
Accanto alla versione green e bio del fast food, si è sviluppata anche quella chic: cibi naturali, sani, senza additivi ma anche ricercati e curati nella preparazione. Sono diversi infatti i cuochi da guida Michelin che, soprattutto in Francia, si sono lanciati in questo nuovo mercato.
Nella maggior parte dei casi, questi nuovi ristoranti adottano una filosofia verde, sono attenti al benessere della persona ma anche all’ecologia e allo sviluppo sostenibile. Dimenticate forchette e bicchieri di plastica, vi ritroverete ad utilizzare solo ed esclusivamente contenitori e posate in materiale biodegradabile e interamente compostabile.
Le formule proposte da questi locali sono spesso molto simili a quelle dei vari McDonald’s e Burger King: menù completi di bibita, servizio e modalità di consumo rapidi, prezzi che restano piuttosto competitivi nonostante il notevole innalzamento della qualità del cibo. Le carte in regola ci sono tutte perché la versione bio e salutista dei vecchi e tradizionali fast food riesca a conquistare gli addicted del classico ipercalorico hamburger con patatine.
Una delle prime catene di ristorazione ad aver proposto sul mercato menu vegetariani a base di verdura e frutta fresca, cibo esclusivamente biologico con tanto di certificazione, è stata la berlinese Gorilla, che però, dopo appena tre anni di successo, ha chiuso i suoi ristoranti a causa di problemi legati alla gestione delle spese.
La catena attualmente più diffusa al mondo si chiama Maoz. Presente in America, Spagna, Olanda, Francia e Inghilterra, si è imposta sul mercato sostituendo all’ hamburger panini e piatti a base di falafel.
Spostandoci sul suolo nostrano invece incontriamo Universo Vegano, il primo fast food a proporre piatti che escludono ogni alimento di provenienza animale. Il menu prevede burger e focacce, kebab e hot dog, piadine e polpette, tutti in versione vegetale. Interessante è anche la proposta, in questo caso onnivora, di Pollicino Bio Fast Guud. Un singolo ristorante e punto vendita a Brescia che distribuisce solo prodotti bio, a chilometri zero; carni e verdure provengono da allevamenti e orti della zona, le birre sono artigianali, banditi tassativamente OGM, antibiotici e ormoni.
Ma come rispondono i colossi del cibo veloce a questo attacco su più fronti? Adeguandosi all’evoluzione del mercato. Da diverso tempo, ad esempio, i McDonald’s propongono sempre più spesso, accanto ai tradizionali menu ipercalorici, combinazioni di piatti più “genuini” e vicini alla gastronomia nazionale e locale, aumentano esponenzialmente insalate, pasta, porzioni di frutta e verdura. Ma il re del fast food non si è fermato qui ed è arrivato all’inimmaginabile: nella patria della buona cucina, nel paese che forse ha opposto più resistenza all’invasione della spazzatura alimentare, riesce nell’intento di unire il cibo più esecrato, criticato e snobbato da chef e nutrizionisti al più noto e blasonato dei cuochi italiani. Il pluristellato Gualtiero Marchesi ha infatti rivisitato nel 2011 alcuni dei panini più famosi della catena americana. Basterà apporre la firma del re degli chef ai panini per riqualificare l’immagine del fast food e acquisire una credibilità ormai demolita?