Minidizionario della cucina vegana. 7 ingredienti 100% veg

Secondo gli ultimi dati, gli italiani che hanno deciso di fare a meno di carne e pesce ammonterebbero a circa sette milioni e sarebbero aumentati dell’1% in un solo anno.
Per essere più precisi, secondo l’Eurispes, che ne parla nel “Rapporto Italia 2014”, i vegetariani e i vegani sarebbero il 7,1% degli italiani, registrando così il significativo aumento di un punto rispetto al 6% dell’anno precedente.

Spesso si associa al veganesimo l’idea di una cucina povera, insipida, privativa e sostanzialmente triste. Oppure al contrario, le si attribuiscono abitudini strane, l’uso di ingredienti sconosciuti e dai nomi improbabili. Cerchiamo di fare un po’ di ordine attraverso una piccola rassegna di prodotti spesso presenti nelle diete dei veg (vegetariani e vegani) ma che in realtà si addicono anche a chi ha un’alimentazione onnivora e che potrebbe trarne vantaggio, se non altro per variare il proprio menù arricchendolo con qualcosa di nuovo.

  • Seitan

Tra tutti i prodotti veg è quello più utilizzato per realizzare imitazioni di piatti a base di carne, in effetti, per il colore e la consistenza, il seitan è ciò che più assomiglia alla carne, tra tutti gli alimenti che abbiamo a disposizione oggi. Per questo motivo può rivelarsi un ottimo espediente per chi volesse passare alla dieta vegana gradualmente. Il seitan è un alimento composto principalmente da glutine (la parte proteica dei cereali), che viene estratto dal frumento, poi lessato con aromi e vari ingredienti che gli conferiscono sapore. Il seitan è molto ricco di proteine, soddisfacendo il fabbisogno proteico dell’uomo si presta bene ad essere integrato in qualsiasi dieta. Non ha un sapore particolarmente forte e grazie a questa sua neutralità può essere preparato e consumato in molti modi diversi. Il seitan può essere facilmente prodotto anche in casa, con il vantaggio di avere a disposizione un alimento totalmente genuino e senza conservanti.

  • Tofu

Se il seitan è il sostituto della carne, il tofu è la versione a base veg del formaggio. Anche se in occidente è un prodotto che si è diffuso solo di recente, si tratta in realtà di un alimento che ha una lunga tradizione in oriente, soprattutto in Cina e si ottiene facendo cagliare con sali di magnesio il latte di soia. Come il seitan, è molto ricco di proteine e povero di grassi. Ha un sapore neutro, per questo si consiglia di cucinarlo e non consumarlo al naturale. Il suo gusto delicato si presta ad essere utilizzato nella preparazione di qualsiasi piatto, sia salato che dolce.

  • Soia

La soia è una pianta che appartiene alla famiglia delle leguminose da cui si ottengono frutti simili ai piselli che prendono un colore diverso, tra il giallo, il rosso, il verde e il nero, a seconda della varietà della pianta. Per il suo elevato contenuto di proteine è largamente impiegata sotto varie forme nell’alimentazione umana e animale e nell’industria alimentare. I germogli di soia si prestano bene a essere consumati in insalata insieme ad altre verdure di stagione; l’olio invece si utilizza per la produzione di salse e condimenti; il latte è un ottimo sostituto di quello di origine animale.

  • Kamut

È generalmente noto come un particolare tipo di cereale, da cui si producono pasta, pane e svariati prodotti da forno, ma in realtà la parola “kamut” non è altro che un marchio registrato, cioè la marca di una serie di prodotti americani. La società Kamut ha infatti isolato una varietà di frumento, il khorasan, e la commercializza con il proprio nome. Il khorasan avrebbe proprietà nutritive migliori rispetto al grano tenero, ovvero conterrebbe più vitamine, proteine e minerali. Secondo una ricerca delle università di Firenze e Bologna avrebbe un potere antiossidante e la capacità si ridurre colesterolo e glicemia.

  • Bulgur

Il bulgur è un derivato del frumento integrale di grano duro. Per ottenere questo prodotto, i chicchi di grano vengono cotti a vapore, poi essiccati e infine macinati fino ad ottenere una semola che ricorda il riso o il couscous. Il bulgur è molto ricco di fibre e vitamina B. È un prodotto consumato abitualmente nei paesi mediorientali, soprattutto in Turchia, dove ha una lunga tradizione. Si dice che fosse alimento quotidiano dei babilonesi e di Gengis Kahn. Può essere preparato come primo piatto, usato per le minestre o come base per insalate fredde.

  • Tempeh

Altro derivato della soia, questo prodotto viene confezionato a partire dalla fermentazione dei fagioli di soia gialla. Ricco di fibre e vitamine, ha, a differenza del tofu, un gusto piuttosto deciso e particolare, quindi la sua preparazione differisce da quella del “formaggio” vegetale. È un alimento altamente digeribile poiché i fagioli di soia da cui si ricava vengono sottoposti a fermentazione per ventiquattro ore.

  • Quinoa

La quinoa è una pianta appartenente alla stessa famiglia degli spinaci, è coltivata nella regione delle Ande ed è infatti la base dell’alimentazione delle popolazioni andine. È un alimento molto ricco da un punto di vista nutritivo, contiene infatti fibre, minerali e proteine. Essendo privo di glutine può essere consumato facilmente anche da celiaci e intolleranti. In commercio si trova sotto forma di chicchi che la rendono simile ad un cereale. È un prodotto molto versatile che può rappresentare la base per la preparazione di molti piatti diversi, come zuppe o crocchette ma anche biscotti.

 

Marco Gavio Apicio. Lo chef ai tempi dei romani

Il nome di Apicio viene spesso citato per designare uno dei primi cuochi della storia del mondo occidentale: vissuto nel I secolo d.C., secondo alcune fonti sarebbe stato il cuoco ufficiale e personale dell’imperatore Tiberio.
Sull’ identità e la presunta professione del cuoco si nutrono però diversi dubbi, alcuni studiosi tendono addirittura ad escludere l’esistenza di un unico Apicio: la ricostruzione storica corrente ha, infatti, ricondotto questo nome ad almeno tre personaggi differenti, vissuti in tre epoche diverse. Un Apicio del 161 a.C. che, al contrario del più noto degli Apici, si batteva contro lo sperpero alimentare; il famoso cuoco Marco Gavio Apicio, e infine un omonimo che visse sotto l’impero di Traiano e che viene ricordato per essere stato lo scopritore di un metodo per conservare fresche le ostriche.
Se non possiamo affermare con certezza che Marco Gavio Apicio sia stato il primo cuoco in assoluto, sicuramente possiamo dire che sia stato uno dei personaggi più noti all’epoca e uno dei più influenti, capace di condizionare il successivo sviluppo della cucina e della gastronomia nel periodo rinascimentale.
Apicio è infatti l’autore di un trattato intitolato “De re coquinaria” che, tramandato nel corso dei secoli, fu ristampato alla fine del 1400, influenzando i professionisti e gli amanti della cucina rinascimentali.
Il trattato, che in dieci libri affronta il tema della cucina prendendone in esame vari aspetti, tra cui quello merceologico, può essere considerato il primo ricettario della storia. Secondo la versione più accreditata, l’opera deriverebbe dalla fusione di due unità distinte, solo successivamente unite: un testo dedicato interamente alla preparazione delle salse, e un libro di ricette illustrate. Nel trattato di Apicio si trovano informazioni di varia natura, consigli e ricette vere e proprie. Ci sono indicazioni su come conservare i cibi, come distinguere un alimento cattivo da uno buono, suggerimenti per la preparazione della cacciagione e liste di improbabili prelibatezze, per noi del XXI secolo del tutto incomprensibili, come ad esempio calli di dromedario, creste di volatili vivi, usignoli, o “pasticci di lingue di pappagalli parlatori”.
In ogni caso, si tratta di un ricettario particolare, certamente non una guida pensata per i pasti di tutti i giorni, ma la summa di una cucina ideata per stupire. Nel De re coquinaria si descrivono piatti che non venivano di certo consumati dalla gente comune ma che servivano a rendere unici e speciali i banchetti dei patrizi e dei ricchi romani, sempre molto attenti a dimostrare anche con “mezzi culinari” la propria superiorità e il proprio potere sugli altri invitati. Gli alimenti alla base delle ricette di Apicio non erano quelli consumati quotidianamente dai romani, che avevano al contrario una dieta molto semplice, ma erano scelti proprio per la loro stravaganza e fatti portare da chissà dove. Bisogna ricordare che Roma era allora la più grande potenza mondiale, i ricchi potevano così rifornirsi facilmente di qualsiasi prodotto proveniente da una qualunque regione dell’impero.
La fama di Apicio è giunta fino a noi proprio grazie alle ricette curiose e originali che sfoggiava durante i fastosi banchetti dei patrizi, ma anche per l’attenzione che poneva nella manipolazione degli alimenti, per la cura nella decorazione e presentazione dei piatti, talvolta molto scenografica, che anticipa il fasto e l’esagerazione dei cuochi rinascimentali. Apicio segna, in questo senso, una svolta nella storia della gastronomia, facendo del cibo uno status symbol: la concezione dei pasti come occasione di sfoggio e sfarzo, l’idea del banchetto come momento di spettacolo scenografico, la ricerca di pietanze originali e sorprendenti, tutto questo era funzionale all’idea di esprimere la ricchezza e il potere delle classi più abbienti.
Apicio, oltre che ottimo conoscitore della materia culinaria, era un vero buongustaio che amava molto il cibo così come il vino. Alcune fonti riportano che avesse aperto addirittura una sorta di scuola di cucina, dove i figli dei patrizi imparavano e conversavano di prelibatezze passeggiando come nelle accademie dei grandi filosofi. Originale, creativo e appassionato, Apicio dedicò gran parte della sua vita alla sua “professione” e ai piaceri della cucina, tanto che secondo alcuni morì suicida a causa delle condizioni di miseria in cui era caduto a forza di spendere e spandere per i suoi banchetti.
La notorietà del personaggio ha alimentato nel corso dei secoli un numero consistente di aneddoti e dicerie, molte delle quali difficili da credere o da provare. Si dice, ad esempio, che nutrisse le murene con la carne degli schiavi e i maiali con mosto dolce per ottenerne un fegato dal gusto particolare; secondo Plinio il Vecchio, Apicio sarebbe l’inventore del foie gras, sembra infatti che il cuoco romano alimentasse le sue oche con abbondanza di fichi per rendere il loro fegato più grasso e quindi più gustoso. Un’altra delle invenzioni che si attribuisce alla figura dello “chef” è la salsa di Apicio, o esca Apicii, un condimento molto diffuso e in voga ai suoi tempi, da cui sarebbe derivata la moderna scapece, termine con cui si indicano oggi pietanze di vario tipo condite e marinate nell’aceto.

Le 10 tecniche di cucina che non puoi non conoscere

La cucina è senz’ altro un’arte ma, come ogni altra attività, per riuscire al meglio necessita, oltre all’ estro, di una buona e solida base di conoscenze. Ogni chef deve dotarsi di un bagaglio indispensabile, di una sorta di cassetta degli attrezzi che gli consentirà di cimentarsi in ogni tipo di creazione. Dovrà quindi conoscere necessariamente le principali modalità o tecniche con cui gli alimenti possono essere cotti e preparati, come le dieci seguenti.

Cottura al cartoccio
Questa tecnica di cucina può essere utilizzata per cuocere la maggior parte degli alimenti (sia verdure che carne o pesce) e consiste nel mettere il prodotto all’interno di un cartoccio, appunto, una sorta di “pacchetto” chiuso che ha lo scopo di conservarne i profumi e i sapori. Questa modalità di cottura ha il vantaggio di non far disperdere le sostanze nutritive del cibo e di poter cuocere senza aggiunta di grassi. Il cartoccio può essere realizzato con alluminio o carta da forno, oppure con le foglie di alcune verdure, purché siano abbastanza grandi e facili da richiudere, come quelle del cavolo o della vite.

Cottura a vapore
Con questo procedimento gli alimenti, posti all’interno di cestelli appositi, si cuociono grazie all’azione del vapore che si sprigiona dal riscaldamento dell’acqua, ma senza entrare in contatto diretto con il liquido. La cottura a vapore permette di realizzare molti piatti leggeri e sani a base di carne, pesce o verdure, che possono essere cucinati senza l’aggiunta di olio o burro e conditi a crudo in seguito. Inoltre ha il vantaggio di far conservare al cibo la maggior parte delle sue sostanze nutritive senza disperderle come invece avviene con la lessatura.

Cottura sottovuoto
Secondo questa tecnica di cucina, gli alimenti si inseriscono all’interno di un sacchetto sigillato ermeticamente, privo di aria all’interno, che viene immerso nell’acqua a bassa temperatura (tra i 65° e i 95°), o in un forno a vapore, per un certo tempo. Si tratta di una tecnica piuttosto recente che ha convinto molti chef per gli innegabili vantaggi che comporta: 1) i cibi mantengono tutto il loro sapore, 2) non diventano asciutti 3) risultano cotti in modo uniforme in ogni loro parte, 4) si mantengono più a lungo 5) le attività in cucina risultano facilitate e velocizzate. Dopo la fase sottovuoto, se la ricetta lo prevede, si può concludere la preparazione con cotture tradizionali.

Flambage
La tecnica del flambage consiste nel “dare alle fiamme” un piatto utilizzando un liquore o un distillato molto alcolico, che va scelto in base al gusto che si vuole ottenere e che si sposa meglio con il cibo. L’alimento in questione, dopo essere stato preparato, viene innaffiato con dell’alcol, poi gli si dà fuoco all’interno di uno strumento specifico chiamato lampada. L’alcol, bruciando, conferisce un aspetto e un sapore molto particolare ai cibi. La tecnica del flambage è molto suggestiva e spettacolare e per questo solitamente viene messa in pratica direttamente davanti agli ospiti.

Marinatura
La marinatura è una tecnica che serve ad insaporire un cibo, a smorzarne il gusto iniziale, o a renderlo più tenero e morbido, come nel caso di alcuni tagli di carne o pesce. La tecnica consiste nell’immergere il cibo in un composto fatto di olio e spezie, o in alternativa aceto, birra, vino o succo di limone. Si lascia il cibo a marinare per un periodo di tempo (che dipende dal tipo di cibo), coperto e in frigorifero. La marinatura può precedere la fase della cottura o sostituirla completamente.

Salmì
Il salmì è una preparazione di cucina che si addice unicamente alla carne, e in particolare alla selvaggina e alla cacciagione. Si tratta di un procedimento piuttosto lungo ed elaborato che ha lo scopo di stemperarne il sapore selvatico e forte: si fa marinare la carne divisa in pezzi per diverse ore (preferibilmente una notte intera o addirittura un giorno), con vino rosso, olio o aceto, spezie e varie verdure, a seconda della ricetta. Dopodiché la carne va cotta in un’altra pentola con olio o burro, infine le si aggiunge la marinatura, che nel frattempo si è fatta restringere.

Gratinatura
La gratinatura è una tecnica di cucina che serve a rendere croccante una pietanza, sia essa a base di carne, pesce, verdura o pasta. Generalmente si ottiene cospargendo il cibo, già parzialmente cotto, con pangrattato, olio e prezzemolo, oppure, nel caso della pasta, parmigiano grattugiato o besciamella. La gratinatura, che si effettua in forno e a temperatura molto alta perché la superficie diventi dorata e croccante, rende i cibi più appetitosi e ne migliora la presentazione.

Affumicatura
Questa tecnica consiste nel far assorbire ai cibi il fumo derivante dalla combustione del legno. Si tratta di un procedimento molto antico che ha lo scopo primario di conservare gli alimenti per mantenerli a lungo commestibili, oggi però si utilizza soprattutto per conferire loro un odore e un sapore particolare, che cambia a seconda dell’aroma del tipo di legno usato. Gli alimenti più adatti all’affumicatura sono la carne (in particolar modo i salumi), il pesce e alcuni tipi di formaggio.

Brasatura
Il verbo “brasare” veniva un tempo utilizzato per indicare la cottura dei cibi con la brace, senza cioè il contatto diretto con la fiamma del fuoco. La brasatura, che si applica quasi esclusivamente alle carni rosse, prevede una cottura in due fasi: durante la prima si fa rosolare la carne e nella seconda si conclude la preparazione immergendola in un composto liquido, che può essere a base di vino, aceto o latte. Questa seconda fase deve avvenire a fuoco lento, a lungo e col coperchio affinché il vapore non fuoriesca e la pietanza rimanga umida.

Mantecatura
Questa tecnica di cucina consiste nel lavorare gli alimenti durante la cottura per ottenere un composto piuttosto morbido e cremoso, il suo nome deriva infatti dallo spagnolo “manteca” che significa burro. Questo procedimento si utilizza soprattutto per i risotti e mai per piatti di carne o pesce, e prevede che il cibo, tolto dal fuoco, venga mescolato e amalgamato con un prodotto come il burro, l’olio o il formaggio. Con il termine mantecatura si indica anche una fase della preparazione del gelato, esattamente quella in cui la massa viene mescolata continuamente per rompere i cristalli di ghiaccio e per far incorporare l’aria.