La rivoluzione della Nouvelle cuisine

Nella Francia degli anni Settanta, un pugno di giovani chef, stufi della rigida cucina codificata dal maestro Escoffier, danno un nuovo impulso all’arte culinaria gettando le fondamenta di quella che diventerà universalmente nota come Nouvelle cuisine.

I pionieri di questa cucina nuova sono gli chef Fernand Point, Michel Guérard e Paul Bocuse, mentre l’impianto teorico di questo nuovo trend che sconvolge la pesante tradizione escoffieriana si deve a Henri Gault et Christian Millau. I due giornalisti e critici gastronomici, coniando la fortunata formula di nouvelle cuisine, contribuiranno notevolmente a pubblicizzarla e diffonderla nel settore gastronomico e presso l’opinione pubblica. Con un’efficace strategia di marketing i due stilano anche una lista di comandamenti, dieci precetti a cui gli adepti della nouvelle cuisine devono obbedire.

Una cucina nuova, dunque, ma rispetto a cosa? Quali effettivi cambiamenti portò in Francia e in Europa?

Point, Guérard e Bocuse, e con loro altri chef che faranno propri i nuovi precetti,  stravolgono l’ordine e la consuetudine su cui si era basata la cucina di alto livello fino a quel momento, mettendo in discussione l’idea che l’alta cucina sia necessariamente sinonimo di pasti luculliani, pesanti ed elaborati, porzioni gigantesche, besciamelle e intingoli a base di burro e grassi.

 La nuova tendenza promuove di fatto una cucina più semplice e leggera, rifiutando la complessità e i barocchi piatti tradizionali. Da questi principi di base deriva tutta una serie di scelte all’insegna della semplificazione, come la drastica riduzione del numero dei piatti proposti nei menù, la diminuzione delle quantità, la predilezione per pietanze che richiedono tempi di cottura inferiori, l’eliminazione di preparazioni troppo lunghe ed elaborate come frollature e marinature.

Gli chef della Nouvelle cuisine sono molto determinati a proporre una cucina più sana ed equilibrata, suggeriscono un nuovo stile di vita basato su un’alimentazione naturale e biologica, che fa grande uso di prodotti freschi e di stagione, non a caso si parla anche di “cucina del mercato”.
D’altra parte, se la preparazione dei piatti si fa sempre meno elaborata a vantaggio di ricette gustose ma semplici, la qualità delle materie prime diventa indispensabile.

Nei menù dei nuovi chef tutto ciò che è grasso e pesante viene eliminato, sostituito da portate saporite e digeribili, si persegue un’idea di cucina dietetica, ma non nel senso di un’alimentazione privativa che mortifica il gusto sull’altare della forma fisica, dietetica nel senso di sana, equilibrata e bilanciata. Per ottenere un tale risultato diventa necessario sperimentare e provare nuovi abbinamenti (ad esempio quelli della frutta con la carne o il pesce), nuovi assortimenti ma anche cercare nuovi ingredienti. Per questo, largo spazio sarà dato alle erbe aromatiche, capaci di donare un forte carattere e un gusto deciso ad ogni piatto senza l’utilizzo di condimenti grassi o salse corpose.

Le tecniche di cottura privilegiate dalla Nouvelle cuisine sono quelle che consentono di conservare il più possibile le proprietà organolettiche dei cibi, quindi largo a cotture al vapore e grigliate, sbollentature e cotture al dente per le verdure, quasi una cucina raw ante litteram. Superfluo specificare che, al contrario, il fritto viene pressoché bandito.

Un altro aspetto che contraddistingue questa tendenza “nouvelle” è il recupero e la rivisitazione delle tradizioni, un ritorno al passato, alla cucina povera e popolare, ai piatti contadini, semplici e dai sapori genuini.

La ricerca della semplicità influenza anche l’aspetto visivo della cucina, ecco che allora le presentazioni delle portate si fanno sempre più essenziali, i vari ingredienti vengono disposti sul piatto secondo un principio di sobrietà e ordine, liberati da sovrastrutture e guarnizioni eccessive che trasmettono un’idea di artificialità lontana dall’ideale perseguito dalla Nouvelle cuisine. Ispirati dalla tradizione orientale, soprattutto giapponese, gli chef della nuova cucina si dedicano molto alla presentazione artistica, inaugurando una tendenza ancora oggi affermata che consiste nel disporre poche quantità di cibo in piatti di grande formato per dare un effetto leggero e arioso. Oltre alla cucina giapponese, anche l’arte e il design hanno inciso massicciamente sull’aspetto visivo della Nouvelle cuisine, tanto che il colore diventa protagonista dei piatti, ai quali si attribuisce la funzione di soddisfare gli occhi oltre che le papille gustative.

In Italia il rappresentante della Nouvelle cuisine in versione nostrana è Gualtiero Marchesi che, dopo aver maturato una certa esperienza in Francia, negli anni Ottanta importa il nuovo modo di cucinare nel nostro paese e lancia la cucina creativa pubblicando il libro La mia nuova grande cucina italiana.

Creatività e stile in tavola: l’arte di impiattare

“ Impiattare ” è un termine tecnico strettamente legato al mondo della cucina e della ristorazione ma da qualche tempo è entrato nell’uso comune, essendo spesso utilizzato da chef e conduttori di programmi televisivi.
Tutti sappiamo più o meno cosa significhi, o perché ne abbiamo sentito parlare in tv o per esperienza diretta: sarà capitato a molti di andare in un ristorante e vedersi servire un piatto con una presentazione particolare ed elaborata. Ma per essere più specifici, secondo quanto riportato dal sito Treccani.it, il verbo impiattare sta a significare esattamente: “allestire preliminarmente in cucina, con gusto e intenti coreografici e decorativi, il preparato gastronomico dentro ciascuno dei piatti da servire in sala ai commensali”.
Possiamo a buon diritto definire l’attività di impiattare un’arte, si tratta in effetti di un esercizio che richiede esperienza e tecnica, ma soprattutto occhio e sensibilità estetica o artistica. Il cibo è una materia speciale capace di coinvolgere più di uno dei nostri sensi, non soddisfa solo il gusto ma appaga anche la vista, oltre che l’olfatto ovviamente. Per questo è molto importante saper             ” impiattare “: presentare bene un piatto, disporre accuratamente e creativamente gli elementi che lo compongono può fare la differenza, facendo apparire invitante anche una ricetta molto semplice. Una presentazione accurata, oltre ad essere indice di attenzione nei confronti degli ospiti, può diventare anche un tratto distintivo dello chef e del ristorante, una specie di firma riconoscibile che aumenta il prestigio del locale.
Ogni chef, ogni area geografica e, più in generale, ogni epoca storica si caratterizza per un modo particolare di impiattare, e quindi di presentare i piatti. Oggi, ad esempio, la tendenza è quella del minimalismo, si prediligono forme semplici, essenziali e destrutturate; al contrario l’epoca rinascimentale si caratterizzava per lo sfoggio di composizioni scenografiche e monumentali.
Per rendere la disposizione del cibo nel piatto piacevole e ottenere una presentazione esteticamente efficace, bisogna tenere in considerazione alcuni elementi, di seguito trovate quelli a cui si deve prestare maggiore attenzione.

La scelta del piatto
Innanzi tutto, scegliete accuratamente la vostra “quinta teatrale”: una scelta accurata dello sfondo su cui deve entrare in scena la vostra opera vi faciliterà al momento di impiattare.
Il cibo è il protagonista, cercate quindi un piatto che lo metta in risalto.
Generalmente si prediligono stoviglie bianche o monocolore proprio per questo motivo, ma si può anche osare, ovviamente stando attenti a che il cibo non cozzi con la decorazione del piatto: troppi ghirigori sminuiscono l’impatto visivo dei cibi. Oltre al colore, fate attenzione anche alle dimensioni: una superficie più ampia permette di costruire una presentazione più ariosa e più elaborata.

Posizione degli alimenti
La collocazione del cibo varia a seconda della forma del piatto in cui è servito. Se il piatto è tondo, la regola generale vuole che l’alimento venga posizionato al centro, eventualmente contornato da salsa o condimento, mentre decorazioni e ornamenti vanno posti nella parte superiore del piatto.
Nei piatti di forma rettangolare o quadrata, invece, si possono sfruttare le linee diagonali e impiattare, per esempio, a forma di croce. Un’altra scuola di pensiero prevede che gli elementi, se diversi, vadano disposti secondo un ideale triangolo con la punta rivolta verso il basso: in alto a sinistra si posizionano i carboidrati, in alto a destra le verdure, in basso le proteine.

Forme
Per quanto riguarda la forma, liberate pure la vostra creatività, ma sempre nei limiti! Ricordate che sobrietà e eleganza vanno spesso di pari passo. Giocate con forme e dimensioni diverse, potete usare gli stampini per creare composizioni multistrato, oppure dedicatevi all’arte dell’intaglio, soprattutto con le verdure crude che si prestano ad essere modellate e incise in modi diversi. Evitate di disporre semplicemente i vari elementi utilizzando tutta la superficie del piatto, create aggregazioni e volumi armoniosi.
Ricordate però che le vostre creazioni, oltre ad essere ammirate, devono essere mangiate! Attenti quindi a scenografie e “impalcature” che rendono difficoltosa la degustazione, cercate di garantire in ogni caso un accesso comodo al cibo.

Colori
L’elemento cromatico è essenziale nella presentazione di un piatto in quanto, visivamente, ha un impatto molto forte. La regola è: cercate i contrasti. Se i cibi che andrete ad impiattare hanno lo stesso colore, vivacizzate il tutto inserendo dettagli di un colore deciso e diverso per spezzare la monotonia. Ad esempio, arricchite una semplice insalata verde con dettagli di carote o pomodori, da porre non necessariamente nell’insalata ma anche come decorazioni della ciotola che la contiene. A volte basta davvero poco per dare vitalità a una portata: una spolverata di prezzemolo verde intenso o di qualche spezia può cambiare l’aspetto di alimenti cromaticamente poso stimolanti, come pesce lesso o cavolfiore. Evitate sempre di servire una pietanza all’interno di un piatto del suo stesso colore.
Il desiderio di stupire potrebbe farvi fare dei passi falsi: cercate di non ricreare mai colori innaturali, potrebbero trasmettere un’idea di artificialità e quindi svalutare il piatto. Mantenetevi su toni più naturali e vicini al colore originale dei cibi, darete un’impressione di maggiore genuinità.

Consistenze
Anche qui impegnatevi a creare dei contrasti, renderanno il piatto più originale, interessante e con più carattere. Provate ad abbinare a consistenze cremose o liquide elementi croccanti da sgranocchiare, come crostini o granelle di vario tipo, la frutta secca si rivelerà un grande alleato!

Decorazioni
Elementi aggiuntivi e guarnizioni per decorare il piatto possono talvolta completare e rendere più gradevole l’aspetto della pietanza, ma non esagerate mai nella quantità.
Nell’ impiattare, il cibo deve restare l’unico protagonista, inserire troppi elementi può confondere e appesantire il piatto. Fate attenzione a scegliere guarnizioni completamente commestibili e che non influenzino il gusto degli alimenti: sapori, colori e profumi devono sposarsi perfettamente tra loro.
Nell’affascinante arte dell’ impiattare avrete dei validi alleati, pertanto non dovranno mai mancare nella vostra cucina:
Erbette e foglie di piante aromatiche fresche
Bacche colorate
Sottaceti
Verdure crude (tagliate a listarelle o rondelle)
Miele
Mostarde
Salsa alla yogurt
Stampini e coppapasta
Ricordate sempre di non esagerare, non siate troppo complicati o sofisticati nell’ impiattare i vostri cibi. È importante tenere sempre presente che è bene migliorare l’aspetto di una pietanza ma la cura estetica deve essere funzionale a esaltarne la degustazione.