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Lavoro nella ristorazione: il cameriere

Il mercato della ristorazione in Italia è un mercato particolare. Fatto di eccellenze e realtà che non riescono a decollare. Sono molti quegli imprenditori che provano a dare nuova vita ad un ristorante o una locanda storica in declino, come molti altri invece riescono a esprimere un’arte attraverso l’enogastronomia, la riceca dei prodotti e dei sapori. I programmi Tv sulla cucina sono tra i più seguiti al mondo, come i cuochi italiani i più ricercati e i più bravi. C’è una costante, tra tutti i ristoranti, taverne o locande, che può guidare il gusto, consigliare o invogliare: il cameriere.

lavoro cameriere
lavoro nella ristorazione: cameriere

E’ di fatto la figura numericamente più importante del ristorante. In Italia si stima che per ogni cuoco ci siano sei camerieri. Spesso in città universitarie vediamo camerieri giovani dall’aria svogliata e anche un pò stanca aggirarsi tra i tavoli in cerca di una vocazione.
Essendo in Italia, quella dei ristoranti, una realtà assai variegata, non è possibile codificare uno stile, ma, ci sono degli elementi che un cameriere dovrebbe avere non solo per garantire il servizio, ma per rendere la cena o il pranzo un momento piacevole da parte di chi lo consuma. Le caratterististiche essenziali sono la pulizia, la buona padronanza della lingua, la conoscenza dei piatti ed empatia verso i clienti.
Nella maggior parte dei casi non è prevista una formazione specifica, anche se caldamente consigliata. Ricordiamo che il cameriere è la faccia del ristorante come il piatto ne è il prodotto. Un cameriere sorridente, che cerca di capire i gusti e lo stile del cliente, saprà consigliare, parlare ed emozionare il cliente. Come? Ad esempio raccontando un piatto. Il cameriere che parla, descrive la materia prima, il motivo della scelta, le tecniche usate e i metodi di cottura faranno conoscere il piatto sotto un’altra veste, esaltando gusto ed aroma. Il cliente sarà così più attento al piatto, alla materia prima usata, alle sfumature altrimenti difficilmente percepibili da un palato non abituato. Il palato va educato, e chi in un ristorante può riuscire in quest’operazione meglio del cameriere?
Stessa cosa per il vino. Non sempre un ristorante ha un sommelier, ma un buon cameriere dovrebbe saper guidare il cliente nella scelta del vino migliore in cantina da accompagnare alle pietanze scelte.
Il cameriere viene visto nella maggior parte dei casi invece come un ripiego. Un lavoro per studenti per arrotondare, tanto deve solo portare a tavola un piatto. Oppure un lavoro per guadagnare di più quando in famiglia si hanno ristrettezze.
Niente di più sbagliato. Il cameriere conta in sala come lo chef in cucina. Il cameriere è un lavoro a tutti gli effetti che può fornire una grande opportunità, possibilità di crescita, autonomia e conoscenza di un settore dinamico e in continua evoluzione come lo sono i gusti e la complessità dei piatti ricercati e proposti.
Lo stipendio medio di un cameriere a Bordeaux è di oltre 55.000€, in Germania oscilla tra i 15.000€ e i 20.000€ annui. In Italia la media è molto più bassa. Un cameriere italiano che svolge l’attività a tempo pieno non supera i 900€ mensili netti.
Grandi testate di settore come Gambero Rosso denunciano questo fattore, sottolineando come il cameriere è l’ossatura dell’azienda Ristorante e come, se correttamente formato, può cambiare le sorti in sala e nel conto economico del ristorante.

drone cameriere

Droni camerieri

Il futuro ci riserva tante novità, secondo voi è possibile sostituire un cameriere con un drone? Secondo noi no ma a Singapore una società pensa di aver trovato una soluzione per la consegna dei piatti ai commensali.L’idea è quella di demandare ai droni il servizio dei piatti preparati da cuochi e chef. Immaginate se in un ristorante di Roma, Milano, Firenze, Bologna non ci fossero più camerieri e la sala fosse gestita interamente da robot.

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http://www.bbc.com/news/world-asia-31160853

maitre

Come diventare cameriere e lavorare nella ristorazione

Quello del cameriere è il mestiere che per molte persone rappresenta il primo passo per una proficua carriera lavorativa nel settore della ristorazione. Ma diventare cameriere a Milano o in altre delle più importanti città italiane, implica la voglia di mettersi in gioco e la consapevolezza del fatto che si tratta di un’attività lavorativa particolarmente impegnativa che, allo sforzo fisico unisce una quotidiana dose di stress. Come diventare un ottimo cameriere a Roma? mostrarsi sempre presentabili è la prima regola per essere assunti e per fare carriera. Dalla pulizia dell’uniforme all’igiene personale, un cameriere professionista deve controllare il proprio aspetto, per dare un’ottima impressione ai clienti con i quali questa professione richiede un’interazione quotidiana.

Per trovare lavoro come cameriere a Napoli o Firenze è bene avere una buona memoria ed imparare il menù in ogni dettaglio, per poter interagire con il cliente dando consigli e ridurre i tempi nel prendere gli ordini; ma anche per conoscere gli ingredienti di ogni portata segnalandolo ai commensali con intolleranze o allergie, o proporre le speciaità del giorno.

Per trovare un’offerta di lavoro come cameriere a Milano, è importante essere in grado di svolgere diverse mansioni, dal trascrivere gli ordini al servire in tavola con garbo e accuratezza, fino al ritiro dei piatti sporchi a pasto terminato; ma anche rispondere alle specifiche esigenze dei clienti nel corso della cena, portando loro bevande, condimenti o dando risposta alle loro diversificate richieste. Ed infine apprendere alcuni trucchi del mestiere, dal domandare ai clienti se gradiscono un antipasto al proporre bevande o drink come aperitivo o a fine pasto, evitando di risultare invadenti.

Diventare cameriere non consiste dunque solo nell’avvio di un lavoretto da portare avanti parallelamente allo studio ma, con la giuste dose di impegno e serietà, può trasformarsi in una vera e propria professione e rivelarsi un’importante e redditizia opportunità di carriera.

ANNUNCI DI LAVORO COME CAMERIERE

Cameriere Roma

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Cameirere Siena

L’espresso perfetto? Basta seguire 8 semplici regole

Innanzitutto sgombriamo il campo dagli equivoci. Che cos’è l’espresso? Il caffè espresso è il prodotto più richiesto e consumato nei bar, fa la sua comparsa in Italia all’inizio del XX secolo ed è il caffè che si ottiene, grazie ad una apposita macchina, da un processo di infusione in acqua calda sotto alta pressione.

La parola “espresso” fa riferimento al fatto che venga preparato appositamente per il cliente che lo richiede, al momento in cui è richiesto ed è servito velocemente.

Il fatto che sia una macchina a produrlo, può far pensare che tutti siano in grado di preparare un espresso e che questo sia sempre buono, o perlomeno accettabile. Ebbene, l’esperienza quotidiana insegna che non è proprio così: alcune conoscenze, l’esperienza e la “mano” del professionista fanno davvero la differenza.

In linea di massima, questi sono i parametri da prendere in considerazione per ottenere un espresso a regola d’arte.

  • La miscela di caffè

Le miscele sono “ricette” che mescolano diverse varietà di caffè studiate per ottenere un sapore particolare. La scelta della miscela dipende principalmente dalle preferenze personali, è anche vero però che una buona miscela non può essere composta da meno di cinque o sei tipi di caffè diversi.

  • La macinatura

A seconda della grandezza dei grani del caffè macinato si ottiene un espresso diverso, in quanto dalla macinatura dipende la solubilità della polvere di caffè. Da una macinatura grossa si ottiene generalmente un caffè più leggero perché i grani sono meno solubili e ciò comporta una minore estrazione degli aromi. Da una macinatura molto fine, al contrario, deriva un caffè più denso e dal sapore più intenso.

  • La dosatura

La dosatura esatta del caffè è fondamentale per un ottenere un buon prodotto. La quantità ideale e la dose standard corrispondono a sette-otto grammi di polvere a tazzina. Con le macchine di oggi è possibile preimpostare il valore relativo alla quantità e far corrispondere a ogni scatto del macinadosatore una dose della quantità indicata.

  • La pressione

Una volta riempito il filtro di caffè, questo deve essere pressato con un pressino manuale, esercitando una forza che corrisponde a circa 20kg.

  • La temperatura dell’acqua

L’acqua per fare il caffè deve essere ben calda ma la sua temperatura non deve raggiungere i 100°, assestandosi tra gli 80° e i 90°. Anche questo è un parametro che si può facilmente impostare e controllare tramite la macchina. Oltre alla temperatura, anche la qualità dell’acqua deve essere tenuta sotto controllo. Se si utilizza l’acqua del rubinetto è opportuno provvedere ad un filtraggio.

  • Il tempo di estrazione

Il tempo di estrazione non può superare i 30 secondi. La regola generale stabilisce che si debbano estrarre 25-30 ml di caffè in 25-30 secondi di tempo, in questo modo si ottiene un espresso dal sapore intenso ricoperto da una crema di color nocciola. Se il caffè viene estratto per meno di 30 secondi si dice sottoestratto, in tal caso non ha modo di sprigionare tutti gli aromi, si presenterà poco corposo e con poca crema; se si superano i 30 secondi si dice sovraestratto e può assumere un sapore amarognolo.

  • La manutenzione della macchina

Come tutti i macchinari utilizzati a scopo alimentare, anche la macchina del caffè deve essere sempre perfettamente pulita, per non dire  immacolata. La pulizia, oltre a rispondere alle normative sull’igiene, può incidere sul risultato del prodotto. Le componenti a cui occorre fare più attenzione sono i filtri e i porta filtri, che vanno lavati sempre senza sapone e lasciati a bagno nell’acqua per tutta la notte, in modo che perdano ogni residuo di caffè. Anche le guarnizioni devono essere periodicamente controllate e sostituite quando necessario.

  • Il servizio

L’espresso va servito nell’apposita tazzina da caffè. La tazzina non deve mai essere fredda o tiepida ma sempre calda, per questo motivo si tiene sulla parte alta della macchina fino al momento dell’estrazione. Una volta pronto l’espresso, si appoggia la tazzina sul suo sottotazza, con il manico alla destra del cliente e il cucchiaino sul piattino nella stessa posizione. Il personale deve porgere o mettere in una postazione comoda per il cliente tutto l’occorrente per la degustazione, ovvero zucchero e dolcificante. È bene offrire diverse possibilità per quanto riguarda lo zucchero, proponendo almeno quello di canna come alternativa al raffinato. In genere si dispone anche un bricco di latte freddo su più punti del banco per permettere al cliente di “macchiare” il caffè. Inoltre è preferibile “coccolare” il cliente offrendo insieme al caffè qualcosa di dolce che arricchisca il momento della degustazione, come cioccolatini, mandorle o biscottini.

 

 

5 segreti per preparare un buon tè

Gli italiani, per tradizione, non sono appassionati bevitori di tè come altri popoli, inglesi in primis, ma pochi in realtà disdegnano una bella tazza fumante e qualche pasticcino all’ora della merenda, quando fuori fa freddo.
Il fatto che non sia una consuetudine induce molti professionisti della ristorazione, soprattutto baristi e camerieri, a prendere un po’ sotto gamba la preparazione e il servizio del tè, che spesso viene eseguita senza criterio e con approssimazione. In realtà delle regole esistono, eccome! Senza arrivare ai veri e proprio rituali messi in atto da alcune culture, è importante conoscere il corretto procedimento per preparare questo infuso, come anche seguire le istruzioni per servirlo nel modo adeguato.
Prima di procedere con la preparazione, è indispensabile conoscere queste 5 regole base.

Regola n.1
-Scegliere un tè di qualità-
La qualità della materia prima, si sa, condiziona molto il risultato finale e fa la differenza. Se in altre occasioni e per altri prodotti a una qualità non eccelsa si può ovviare con una lavorazione particolarmente abile, in questo caso c’è poco da fare, se il tè non è buono si vede e si sente.
Nel caso del tè sfuso, per valutare la qualità occorre considerare il modo in cui sono tagliate le foglie: più i pezzi sono grandi, maggiore sarà la qualità dell’infuso perché i frammenti più ampi riescono a conservare di più le proprietà della pianta.
Non è obbligatorio avere sempre a disposizione tè sfusi e di tante tipologie diverse, al limite si può ripiegare sulle pratiche bustine già pronte, ma anche in questo caso bisogna saper scegliere con attenzione e con un occhio alla qualità.
Tra l’altro il tè è un prodotto generalmente poco costoso, un piccolo sforzo economico per evitare di acquistare la sottomarca più scontata si può anche fare.
La bontà del prodotto dipende molto anche dalle modalità di conservazione: si dovrebbe sempre tenere il tè in un contenitore chiuso ermeticamente, al riparo dalla luce, dall’umidità e lontano da alimenti con odori forti che potrebbero essere assorbiti.

Regola n.2
-Fare attenzione alla composizione dell’acqua-
Se pensiamo che una tazza di tè è composta per il 99% di acqua, si capisce bene come la qualità e il sapore di quest’ultima incidano nettamente sul gusto dell’infuso, occorre perciò accertarsi che quella che si utilizza per il servizio sia adatta allo scopo. Il nemico numero uno di un buon tè è il calcare poiché impedisce la diffusione degli aromi; per ovviare a questo problema, nel caso in cui si utilizzi l’acqua del rubinetto, è bene utilizzare dei filtri appositi oppure provvedere a una depurazione. Bisogna fare attenzione anche alla quantità di cloro, alla presenza di minerali (che, fissando i tannini, rendono sgradevole il gusto del tè) e al ph, che deve essere neutro, cioè avere un valore pari a 7. Per tutti questi motivi e per semplificare la procedura si può optare per un’acqua minerale naturale in bottiglia.

Regola n.3
-Controllare la temperatura dell’acqua-
Oltre alla qualità anche la temperatura dell’acqua gioca un ruolo fondamentale, ogni tipologia di tè ha, infatti, delle caratteristiche particolari che si conservano e si esaltano a temperature ben precise, occorre quindi ricordarsi di leggere sempre le indicazioni al riguardo riportate sulle confezioni.
In genere, il tè nero deve essere preparato con un’acqua che non superi i 90-95 gradi, quello verde invece deve restare tra i 70° e gli 80°. Durante la fase del riscaldamento dell’acqua bisogna prestare molta attenzione per evitare di arrivare al punto di ebollizione: contrariamente a quanto pensano in molti, non si deve mai far bollire l’acqua perché ciò provoca la distruzione dell’ossigeno, indispensabile alla diffusione degli aromi.
L’acqua inoltre dovrebbe essere riscaldata in un bollitore apposito o in una pentola non utilizzata precedentemente per cuocere altri cibi, il sapore di questi, infatti, può riattivarsi a contatto con il calore e alterare il gusto del tè.

Regola n.4
-Controllare il tempo di infusione-
Ogni tipo di tè richiede dei tempi di infusione diversi che ne determinano il gusto. In generale si può affermare che con un’infusione di durata minore, tra i 2 e i 3 minuti, il tè acquista un sapore meno forte, più dolce e attiva un effetto eccitante sull’uomo. Con un’infusione più lunga, al contrario, provoca uno stato di rilassamento e assume un sapore più deciso. I tè bianchi hanno tempi di infusione più lunghi, mentre i verdi più corti. La durata dell’infusione è sempre riportata sulla confezione del prodotto, è importante leggere le indicazioni e seguirle alla lettera.

Regola n.5
-Il dosaggio-
Questa regola vale, per ovvie ragioni, solo per i tè sfusi e non per quelli in bustina, già dosati.
La quantità di prodotto non dovrebbe mai superare la misura di 2,5g a tazza. La regola generale prevede che si utilizzino 2,5 grammi di tè ogni 15 centilitri d’acqua. Per facilitarvi e non farvi perdere tempo in ingarbugliate moltiplicazioni, possiamo dire che, indicativamente, un cucchiaino raso corrisponde a 2,5 grammi; una tazza da tè a circa 15 – 20 centilitri.

Ora veniamo alla preparazione vera e propria che, se verrà eseguita seguendo questi passi, sarà impeccabile.

Si fa scaldare l’acqua evitando di arrivare a farla bollire
Nel frattempo si scalda una teiera con dell’acqua, che viene successivamente buttata via
Se si utilizza del tè sfuso, si mette la giusta quantità (vedi sopra) di prodotto nelle teiera. Poi si lasciano le foglie all’interno della teiera per qualche minuto in modo che inizino a sprigionare aromi e profumi. Se il tè è già confezionato basta inserire le bustine.
Si versa l’acqua calda nella teiera
Si lascia la teiera chiusa perché l’infusione faccia il suo corso, monitorando bene i tempi
Si filtra l’infuso con un colino, nel caso in cui il tè sia in foglie
Si serve il tè nelle singole tazze

Il servizio della colazione

Tutti abbiamo esperienza di cosa sia il servizio della colazione in albergo… purtroppo, bisognerebbe aggiungere.
Spesso e volentieri, quello che nelle brochure e nei siti internet degli hotel viene presentato come un delizioso e ricco buffet si rivela una deludente e misera colazione a base di fette biscottate, burro e marmellata, rigorosamente impacchettati in tristissime confezioni monodose, caffè annacquato e poco altro.
Che sia fatto per superficialità o menefreghismo, un servizio approssimativo e trasandato resta un errore grossolano che può danneggiare molto l’immagine della struttura. La prima colazione, se è servita come si deve e se è all’ altezza delle aspettative, predispone favorevolmente il cliente e gli permette di iniziare la giornata in modo positivo. Inoltre spesso la colazione rappresenta l’ultimo pasto consumato all’interno dell’hotel prima della partenza, sarebbe opportuno quindi congedare l’ospite con un buon ricordo tale da spingerlo a tornare, eventualmente.
Tentiamo di eliminare dai nostri ricordi l’immagine di questi tavoli penosamente imbanditi, che troppo spesso ci capita di vedere, e cerchiamo di capire come dovrebbe essere un servizio della colazione adeguato, che soddisfi le esigenze dell’ospite e che dimostri di averne cura.

> Il servizio
Generalmente la prima colazione viene servita nella sala ristorante o in un ambiente apposito dell’hotel, tra le 7 e le 10 del mattino. Il responsabile del servizio provvede ad accogliere il cliente e a guidarlo al suo tavolo; una volta fatto accomodare, elenca all’ospite le proposte delle bevande calde (di solito una scelta tra caffè, latte, cappuccino, caffellatte, cioccolata o tè) che provvederà a servire al tavolo. È importante che il cameriere abbia ben presente il numero della camera e l’identità dell’ospite, così da potersi rivolgere direttamente a lui chiamandolo per nome.
Contemporaneamente alle bevande richieste, vengono serviti al tavolo anche gli alimenti (generalmente pane e fette biscottate, marmellate, brioche etc). Durante il pasto, il cameriere deve tenere sempre “sotto controllo” l’ospite, assicurandosi che tutto sia di suo gradimento; deve domandare se desidera delle altre bevande e verificare che il tavolo sia sempre pulito e libero, togliendo piatti utilizzati che non servono più.
Terminata la colazione e liberato il tavolo, il cameriere provvede a sbarazzare, pulire, sostituire il cestino dei rifiuti e apparecchiare con nuovi coperti. Le operazioni di pulizia devono essere svolte con attenzione: occorre controllare bene lo stato della tovaglia e delle sedie e sparecchiare senza fare rumore.
Giunta l’ora della fine del servizio, si sistema e pulisce l’intera sala, si lavano attrezzature e macchinari, compreso il distributore automatico delle bevande.
La mise en place segue regole precise: innanzi tutto si posiziona il piatto piccolo, e su questo si poggia il tovagliolo; a destra del piatto si mette un coltello piccolo. Sempre a destra, ma più in alto rispetto al piatto, si appoggia la tazza capovolta (per motivi di igiene, spetta al cameriere girarla quando il cliente si siede al tavolo) e il relativo sotto-tazza su cui si posiziona un cucchiaino; infine si completa l’apparecchiatura con un contenitore per le bustine di zucchero.

> Il buffet
Veniamo ora al “contenuto della colazione” ovvero al cibo. Oggi la maggior parte delle strutture ricettive tende a proporre un unico buffet ricco e piuttosto vario, per far fronte a esigenze e abitudini diverse. Questa scelta è legata a ragioni di praticità, attualmente, infatti, le abitudini alimentari sono molto cambiate rispetto a tempo fa, le differenze tra le principali tipologie di colazione si sono assottigliate e i due modelli di breakfast (inglese = cibi prevalentemente salati, come uova e bacon; continentale = cibi dolci come cornetti, biscotti o cereali) spesso si sovrappongono. Allestire un buffet per la colazione con una vasta gamma di proposte dolci e salate permette di assecondare stili di alimentazione di ogni tipo. In questo caso il cliente si serve da solo, tranne che per le bevande calde, servite dal cameriere.
Per rendere più pratico il servizio sia per i clienti che per il personale, è importante che il buffet sia sempre uguale, cioè che la posizione e la disposizione dei vari elementi sia sempre la stessa. Gli ospiti si orienteranno meglio e i camerieri saranno facilitati nel monitorare le quantità e nella valutazione di ciò che manca. Un buon buffet deve essere ordinato e organizzato razionalmente in modo da avere i prodotti divisi per tipologia (una zona per i dolci, una zona per i salati, una zona per le bevande etc), ma deve anche essere piacevole alla vista, è importante cercare di conferire un aspetto invitante al tutto.
Per quanto riguarda l’offerta gastronomica, un buffet di medie dimensioni dovrebbe offrire:
-latte, caffè, caffellatte, cioccolata, cappuccino
-tè e succhi di frutta
-pane di vario tipo (panini assortiti e di vari gusti, es. di segale, ai cereali, all’ uvetta)
-fette biscottate
-biscotti
-cereali
-brioche o paste
-torte fatte in casa
-frutta
-yogurt
-miele
-confetture di vari gusti
-creme spalmabili al cacao
-burro
-affettati misti
-formaggi vari

Per venire incontro ai clienti più esigenti, per stare al passo con le nuove abitudini e adeguarsi alle sempre più diffuse tendenze salutiste, sarebbe opportuno integrare il buffet più tradizionale con alcuni prodotti diversi, per esempio:
– latte di soia
– kefir
-prodotti di provenienza biologica
-prodotti senza glutine
-cibi light e dietetici
-frutta esotica

Una buona idea è anche quella di riservare un angolo del tavolo buffet della colazione ai prodotti locali, tipici del territorio in cui si trova l’albergo. Si dà, così, modo ai turisti di immergersi nel luogo in cui soggiornano attraverso la gastronomia, si risparmia in termini di spesa grazie alla filiera corta e, cosa da non sottovalutare, si comunica l’immagine di un’azienda attenta e sensibile ai temi dell’ambiente e della valorizzazione delle realtà produttive locali.

Il direttore d’albergo

Da un certo punto di vista possiamo considerare ogni hotel o albergo come un mondo a sé, un piccolo microcosmo, una società in miniatura i cui componenti e abitanti sono i clienti e lo staff della struttura ricettiva. E come ogni altra società, anche quella alberghiera per funzionare ha bisogno di regole ma soprattutto di qualcuno che la governi e supervisioni.
Pensiamo a quanto possa essere movimentato e “affollato” un hotel di medie-grandi dimensioni nei periodi di alta stagione, a quanti ospiti si aggirano per le sue stanze e quanti professionisti indaffarati lavorano contemporaneamente! È una situazione molto complessa da mandare avanti, si capisce bene quindi come, in un contesto del genere, sia importante pianificare e mantenere l’ordine. Essenziale è la collaborazione tra clienti e personale ma anche e soprattutto tra le diverse figure dell’organico, il cui coordinamento diventa fondamentale per far andare nel verso giusto una mini società in cui ogni singolo deve svolgere i propri compiti nei tempi e nei modi più consoni. Il difficile compito di tenere insieme, dirigere e organizzare l’organico di una struttura simile spetta al direttore dell’hotel.
Il complesso lavoro del direttore
Nelle piccole realtà la figura del direttore si sovrappone e spesso si fonde con quella del proprietario della struttura, nei medi e grandi alberghi invece si assume una persona qualificata affinché svolga questa funzione specifica.
Il direttore ha la responsabilità del buon funzionamento e del successo dell’intera struttura, è quindi una figura chiave e indispensabile che riunisce in sé il profilo del manager e quello dell’imprenditore. Ma vediamo nel dettaglio cosa fa un direttore d’albergo.
Innanzitutto coordina il personale dei vari reparti dell’hotel, dalla reception alla ristorazione, passando per l’ufficio e le pulizie. Gestisce la parte amministrativa dell’hotel; monitora i risultati economici raggiunti dalla struttura; stabilisce i prezzi dei servizi offerti; conosce approfonditamente l’hotel, ne individua i punti deboli e di conseguenza propone interventi per migliorarne il funzionamento, suggerendo i rinnovi e le manutenzioni necessarie.
Tenendo sempre conto delle direttive del proprietario e restando fedele alla politica generale della struttura, il direttore agisce in maniera consistente e incisiva sul modello di business dell’hotel. Secondo margini di libertà e autonomia che variano da caso a caso e da situazione a situazione, il direttore elabora strategie di sviluppo pianificando le attività di comunicazione e marketing. Avendo un ruolo di grande responsabilità, questo professionista ha necessariamente bisogno di un organico saldo e affidabile su cui poter contare per ottenere i risultati prefissati, per questo motivo, oltre che a coordinarlo, in molti casi si occupa anche della sua selezione.
I suoi risultati personali non sono altro che la somma dei risultati raggiunti dai vari reparti operativi dell’hotel: collaboratori e interi reparti efficienti permettono di offrire servizi migliori e quindi di ottenere clienti soddisfatti, che si traducono a loro volta in guadagni. Il suo interesse primario è che tutti lavorino bene e in armonia, per questo la comunicazione e la gestione dei rapporti con i collaboratori diventa decisiva.
Il direttore può fare affidamento principalmente su due figure per velocizzare e snellire il suo carico di lavoro: l’assistente di direzione e il vice-direttore. Entrambi hanno il compito di verificare l’efficienza dei vari reparti e rappresentano l’anello di congiunzione tra questi e la direzione centrale.
Al direttore spetta anche il compito di gestire i contatti con le agenzie di viaggio e i tour operator, con le banche, le assicurazioni e i fornitori.
Un bravo direttore può fare carriera e andare a ricoprire ruoli dirigenziali in strutture di categoria maggiore o presso catene alberghiere. Nel caso in cui al direttore venga affidata la gestione di più di una struttura ricettiva, come nel caso delle catene, oltre a svolgere tutte le attività che abbiamo descritto, dovrà anche preoccuparsi che tutte le singole strutture raggiungano gli stessi obiettivi e standard di qualità, appianando le disparità e uniformando il più possibile i vari hotel alle direttive e alla politica del gruppo proprietario.

Identikit del direttore modello
Data la vastità e l’eterogeneità dei compiti che gli vengono affidati, il direttore d’albergo deve possedere un bagaglio culturale e professionale consistente. Dovrà avere una formazione di base in campo economico, amministrativo e normativo. L’esperienza nella gestione e nel management è indubbiamente necessaria, così come la conoscenza relativa all’amministrazione economica e commerciale di un’azienda. Una certa familiarità con il settore delle risorse umane è auspicabile: dovendosi interfacciare costantemente con l’organico dell’hotel, è indispensabile che sappia relazionarsi con tutti in modo autorevole ma rispettoso, motivando e dando prova di leadership: un buon direttore deve saper creare e mantenere nel tempo un clima generale collaborativo e disteso.
Oltre alla conoscenza delle normative che regolano la contabilità e i contratti di lavoro, anche quella relativa all’ambito anti-infortunistico e igienico-sanitario è indispensabile.
Come per tutti coloro che lavorano nel campo dell’ospitalità, anche per la figura del direttore la padronanza di almeno due lingue straniere è obbligatoria, e una buona conoscenza del mercato turistico sarà utile.
Le doti caratteriali che completano il profilo del direttore ideale sono: la diplomazia, la predisposizione al dialogo e alla comunicazione, la propositività e l’intraprendenza.

Come si diventa un direttore d’albergo
Il percorso standard per diventare direttore d’albergo è quello che inizia frequentando gli istituti professionali alberghieri. Per poter gestire le delicate attività legate all’amministrazione e alla contabilità di un’azienda è necessario acquisire competenze in campo economico, perciò dopo aver ottenuto il diploma, si consiglia di conseguire una laurea in economia, con indirizzo o specializzazione nel campo turistico. Un master in management dei sistemi turistici completerà la formazione e permetterà di accedere a tirocini e stage presso strutture qualificate che agevoleranno l’ingresso nel mondo del lavoro.
Per chi fosse interessato a studiare all’estero, è utile sapere che esistono tre scuole particolarmente valide e celebri nel settore del management alberghiero: l’Ecole Hôtelière di Losanna e il Glion Institute of Higher Education, in Svizzera, e la Cornell University, a New York.
Una volta terminato il percorso formativo e dopo aver maturato per almeno 5 anni esperienze in campo gestionale, dimostrando di aver ricoperto ruoli di responsabilità, si hanno buone possibilità di essere assunti come direttori o vice-direttori.

Creatività e stile in tavola: l’arte di impiattare

“ Impiattare ” è un termine tecnico strettamente legato al mondo della cucina e della ristorazione ma da qualche tempo è entrato nell’uso comune, essendo spesso utilizzato da chef e conduttori di programmi televisivi.
Tutti sappiamo più o meno cosa significhi, o perché ne abbiamo sentito parlare in tv o per esperienza diretta: sarà capitato a molti di andare in un ristorante e vedersi servire un piatto con una presentazione particolare ed elaborata. Ma per essere più specifici, secondo quanto riportato dal sito Treccani.it, il verbo impiattare sta a significare esattamente: “allestire preliminarmente in cucina, con gusto e intenti coreografici e decorativi, il preparato gastronomico dentro ciascuno dei piatti da servire in sala ai commensali”.
Possiamo a buon diritto definire l’attività di impiattare un’arte, si tratta in effetti di un esercizio che richiede esperienza e tecnica, ma soprattutto occhio e sensibilità estetica o artistica. Il cibo è una materia speciale capace di coinvolgere più di uno dei nostri sensi, non soddisfa solo il gusto ma appaga anche la vista, oltre che l’olfatto ovviamente. Per questo è molto importante saper             ” impiattare “: presentare bene un piatto, disporre accuratamente e creativamente gli elementi che lo compongono può fare la differenza, facendo apparire invitante anche una ricetta molto semplice. Una presentazione accurata, oltre ad essere indice di attenzione nei confronti degli ospiti, può diventare anche un tratto distintivo dello chef e del ristorante, una specie di firma riconoscibile che aumenta il prestigio del locale.
Ogni chef, ogni area geografica e, più in generale, ogni epoca storica si caratterizza per un modo particolare di impiattare, e quindi di presentare i piatti. Oggi, ad esempio, la tendenza è quella del minimalismo, si prediligono forme semplici, essenziali e destrutturate; al contrario l’epoca rinascimentale si caratterizzava per lo sfoggio di composizioni scenografiche e monumentali.
Per rendere la disposizione del cibo nel piatto piacevole e ottenere una presentazione esteticamente efficace, bisogna tenere in considerazione alcuni elementi, di seguito trovate quelli a cui si deve prestare maggiore attenzione.

La scelta del piatto
Innanzi tutto, scegliete accuratamente la vostra “quinta teatrale”: una scelta accurata dello sfondo su cui deve entrare in scena la vostra opera vi faciliterà al momento di impiattare.
Il cibo è il protagonista, cercate quindi un piatto che lo metta in risalto.
Generalmente si prediligono stoviglie bianche o monocolore proprio per questo motivo, ma si può anche osare, ovviamente stando attenti a che il cibo non cozzi con la decorazione del piatto: troppi ghirigori sminuiscono l’impatto visivo dei cibi. Oltre al colore, fate attenzione anche alle dimensioni: una superficie più ampia permette di costruire una presentazione più ariosa e più elaborata.

Posizione degli alimenti
La collocazione del cibo varia a seconda della forma del piatto in cui è servito. Se il piatto è tondo, la regola generale vuole che l’alimento venga posizionato al centro, eventualmente contornato da salsa o condimento, mentre decorazioni e ornamenti vanno posti nella parte superiore del piatto.
Nei piatti di forma rettangolare o quadrata, invece, si possono sfruttare le linee diagonali e impiattare, per esempio, a forma di croce. Un’altra scuola di pensiero prevede che gli elementi, se diversi, vadano disposti secondo un ideale triangolo con la punta rivolta verso il basso: in alto a sinistra si posizionano i carboidrati, in alto a destra le verdure, in basso le proteine.

Forme
Per quanto riguarda la forma, liberate pure la vostra creatività, ma sempre nei limiti! Ricordate che sobrietà e eleganza vanno spesso di pari passo. Giocate con forme e dimensioni diverse, potete usare gli stampini per creare composizioni multistrato, oppure dedicatevi all’arte dell’intaglio, soprattutto con le verdure crude che si prestano ad essere modellate e incise in modi diversi. Evitate di disporre semplicemente i vari elementi utilizzando tutta la superficie del piatto, create aggregazioni e volumi armoniosi.
Ricordate però che le vostre creazioni, oltre ad essere ammirate, devono essere mangiate! Attenti quindi a scenografie e “impalcature” che rendono difficoltosa la degustazione, cercate di garantire in ogni caso un accesso comodo al cibo.

Colori
L’elemento cromatico è essenziale nella presentazione di un piatto in quanto, visivamente, ha un impatto molto forte. La regola è: cercate i contrasti. Se i cibi che andrete ad impiattare hanno lo stesso colore, vivacizzate il tutto inserendo dettagli di un colore deciso e diverso per spezzare la monotonia. Ad esempio, arricchite una semplice insalata verde con dettagli di carote o pomodori, da porre non necessariamente nell’insalata ma anche come decorazioni della ciotola che la contiene. A volte basta davvero poco per dare vitalità a una portata: una spolverata di prezzemolo verde intenso o di qualche spezia può cambiare l’aspetto di alimenti cromaticamente poso stimolanti, come pesce lesso o cavolfiore. Evitate sempre di servire una pietanza all’interno di un piatto del suo stesso colore.
Il desiderio di stupire potrebbe farvi fare dei passi falsi: cercate di non ricreare mai colori innaturali, potrebbero trasmettere un’idea di artificialità e quindi svalutare il piatto. Mantenetevi su toni più naturali e vicini al colore originale dei cibi, darete un’impressione di maggiore genuinità.

Consistenze
Anche qui impegnatevi a creare dei contrasti, renderanno il piatto più originale, interessante e con più carattere. Provate ad abbinare a consistenze cremose o liquide elementi croccanti da sgranocchiare, come crostini o granelle di vario tipo, la frutta secca si rivelerà un grande alleato!

Decorazioni
Elementi aggiuntivi e guarnizioni per decorare il piatto possono talvolta completare e rendere più gradevole l’aspetto della pietanza, ma non esagerate mai nella quantità.
Nell’ impiattare, il cibo deve restare l’unico protagonista, inserire troppi elementi può confondere e appesantire il piatto. Fate attenzione a scegliere guarnizioni completamente commestibili e che non influenzino il gusto degli alimenti: sapori, colori e profumi devono sposarsi perfettamente tra loro.
Nell’affascinante arte dell’ impiattare avrete dei validi alleati, pertanto non dovranno mai mancare nella vostra cucina:
Erbette e foglie di piante aromatiche fresche
Bacche colorate
Sottaceti
Verdure crude (tagliate a listarelle o rondelle)
Miele
Mostarde
Salsa alla yogurt
Stampini e coppapasta
Ricordate sempre di non esagerare, non siate troppo complicati o sofisticati nell’ impiattare i vostri cibi. È importante tenere sempre presente che è bene migliorare l’aspetto di una pietanza ma la cura estetica deve essere funzionale a esaltarne la degustazione.

Come rendere il vostro menu un efficace strumento di vendita

Guardare e sfogliare il menu è una delle prime cose che un cliente fa una volta sedutosi al tavolo di un ristorante, ovviamente. Questa semplice considerazione fa capire quanta importanza possa avere un elemento che invece molto spesso viene trascurato dai gestori o dai proprietari dei ristoranti.

A volte il menu non è altro che un foglio o fascicoletto scritto alla bell’e meglio, poco curato nello stile e nell’aspetto. Invece è importante sapere che presentare in modo efficace i propri piatti e le bevande della casa può incidere molto sul fatturato e quindi sui profitti di un ristorante, il menu è infatti, se ben fatto, un prezioso e utilissimo strumento di vendita.
Qualsiasi cliente, prima di ordinare, vuole farsi un’ idea dell’offerta e delle proposte del locale e scegliere ciò che gli piace, sarà quindi fondamentale presentare in modo chiaro le proposte, senza dimenticare di aggiungere qualcosa di accattivante che colpisca l’attenzione. Seguire qualche nozione di base della comunicazione e del marketing sarà sicuramente d’aiuto, così come curare l’aspetto del menu in quanto oggetto. Il menu perfetto dovrà essere bello dentro ma anche bello fuori, contenuto e involucro devono essere studiati nei minimi dettagli per offrire la miglior immagine possibile del ristorante.
Iniziamo dal contenuto passando in rassegna qualche regola generale da seguire:
– Aggiornare sempre il menu. Se ci sono cambiamenti di interi piatti o anche solo di alcuni ingredienti nelle preparazioni provvedete a correggere, ci deve essere piena corrispondenza tra ciò che il cliente ha letto e ciò che si ritroverà nel piatto.

– Spiegare i piatti. Elencare gli ingredienti di ogni piatto e a grandi linee la loro preparazione. È molto importante che il cliente possa scegliere tranquillamente, escludendo ingredienti che non ama o a cui è allergico.

Scrivere in italiano corretto. Proporre un menu che presenta una comunicazione scritta con sciatteria o che contiene errori grammaticali o refusi non è indice di professionalità.

Puntare alla leggibilità. Pochi fronzoli e niente termini tecnici, il cliente vuole capire cosa mangia.

Individuare le priorità. L’elenco dei piatti all’interno di un menu non segue un ordine prestabilito, la scelta di cosa scrivere prima o dopo spetta unicamente allo chef e al maître in base a cosa considerano più importante e degno di essere messo in evidenza.

Onestà. Siate onesti nella descrizione dei piatti, non esagerate in descrizioni sofisticate e altisonanti che non corrispondono alla realtà.

Originalità. Un pizzico di originalità non guasta mai, aguzzate l’ingegno per trovare formule accattivanti che incuriosiscano e stimolino il cliente. L’importante è non eccedere con nomi esotici o troppo romanzati, ricordate sempre il punto 4.

Parole magiche. Secondo gli esperti di marketing e comunicazione esistono alcune parole particolarmente efficaci e capaci di indurre la scelta di certi piatti. In Italia le 3 parole con un simile potere sono, per esempio: “mediterraneo”, “tradizione”, “territorio”.

Veniamo ora al lato estetico, pochi ma importanti elementi da considerare:

Pulizia e igiene. Si sa, nei posti dove si mangia la pulizia è sicuramente la cosa più importante, accertatevi quindi che i porta menù siano sempre puliti, non unti né appiccicosi, come spesso invece capita. È consigliabile scegliere porta menu lavabili.

Manutenzione. Controllate sempre che le pagine siano integre, non strappate né ingiallite; evitate di riparare con scotch e altri rammendi, sostituite direttamente le parti danneggiate.

Stile. Cercate di scegliere (o meglio ancora fatevi realizzare) dei porta menu originali che siano piacevoli anche esteticamente e che siano perfettamente in sintonia con lo spirito e l’aspetto del locale. Scegliete, ad esempio, una carta o un inchiostro particolare.

Coerenza. Cercate di dare un’immagine coerente dell’intero locale, perciò fate attenzione a coordinare il più possibile arredi, accessori e utensili, nei colori o nello stile. Per esempio cercate di avere porta menu, porta pane e segnaposto in pendant.

14 mosse per diventare un cameriere modello

Quello del cameriere è forse il lavoro più comune al mondo, praticato almeno una volta nella vita dalla maggior parte delle persone. Essendo una mansione che non richiede titoli di studio o specifiche competenze è spesso scelta come lavoretto part-time o serale dagli studenti che si mantengono gli studi, o come lavoro estivo dai ragazzi che vogliono guadagnare qualcosa durante le vacanze. Si tratta comunque di un lavoro impegnativo e pesante, in cui alla fatica fisica si aggiunge lo stress di doversi confrontare costantemente con molti clienti, con tutte le difficoltà che ciò comporta.

In realtà è riduttivo considerare il lavoro di cameriere esclusivamente come impiego facile e temporaneo, se esercitato ad alti livelli diventa infatti una professione importante e decisiva per il successo economico di un ristorante. Oggi si ha una maggiore consapevolezza dell’importanza strategica di questa professione, al punto che iniziano a entrare nell’uso comune espressioni diverse per identificarla, come per esempio “talking waiters” e “guest manager”. Queste espressioni valorizzano l’importante ruolo del cameriere come comunicatore, un commis capace di instaurare un rapporto empatico con i clienti, trovando l’approccio più adatto a ciascuno di essi, è una risorsa preziosa capace di attrarre l’interesse degli ospiti e di conseguenza stimolare l’acquisto.

In qualsiasi struttura lavori, che sia il ristorante, il bar o l’hotel, il cameriere ha il compito di accogliere i clienti, si occupa di sistemare le sale e del servizio ai tavoli o al bancone. In particolare il cameriere deve: pulire e sistemare la sala; mantenere pulita e in ordine la caffetteria e il frigo dei dolci; tenere in ordine il comparto di vini e liquori; prendere le ordinazioni al tavolo; servire cibi e bevande ai tavoli; accogliere le richieste dei clienti e comunicarle alla cucina; portare il conto e, a volte, provvedere al pagamento; aiutare lo chef in cucina nella preparazione degli antipasti, nella guarnizione di alcuni piatti o nella preparazione della composizioni di frutta.
Veniamo ora alle 14 cose che un buon cameriere deve assolutamente fare:
Curare il proprio aspetto e il proprio abbigliamento. Pulizia e ordine sono le basi di una buona presentazione. Mai presentarsi con la giacca o la divisa sgualcita o macchiata
Fare attenzione alla postura e all’atteggiamento. Mai tenere le mani in tasca!
Accogliere i clienti in modo cortese e ospitale.
Non fare discriminazioni, tutti i clienti sono uguali per ceto sociale o notorietà e meritano lo stesso trattamento.
Fare attenzione ai clienti fissi. È importante annotare o anche solo memorizzare i gusti, le allergie o le richieste particolari dei clienti affezionati.
Tenere la memoria allenata. È molto utile memorizzare la disposizione e il numero dei tavoli, conoscere perfettamente le proposte del menu e ricordare alcuni ordini per rendere il servizio più veloce
Portare sempre con sé gli accessori indispensabili: tovagliolo di servizio, accendino o fiammifero, apribottiglie, taccuino per le ordinazioni.
Prendere l’ordinazione al tavolo dopo aver aspettato il giusto periodo di tempo. È importante fare in modo che gli ospiti decidano con calma; generalmente si “entra in azione” quando il cliente ha deposto il menu sul tavolo e si guarda intorno
Stappare la bottiglia di vino a tavola. Prima di versarlo nei bicchieri, il cameriere deve sottoporne un assaggio al commensale più autorevole e procedere solo dopo un suo parere positivo. Nel versarlo si parte sempre da destra e si servono prima le signore. Non riempire mai troppo i bicchieri, all’incirca per 2/3
Servire i piatti nel modo opportuno. Si inizia sempre dalle signore, si porge il piatto da destra e lo si ritira da sinistra, tenendo il piatto in basso e mai al livello del viso del cliente
Sparecchiare e pulire il tavolo prima di servire il dessert. Ricordarsi però che i tovaglioli devono essere tolti dopo il caffè
Portare il conto solo al momento in cui viene richiesto e allontanarsi subito dopo senza aspettare il pagamento
Non fare mai viaggi a vuoto dalla cucina alla sala o viceversa. Assicurarsi di avere sempre qualcosa in mano e non dare l’impressione di non avere nulla da fare
Rimanere presenti in sala, vigilare sempre sui tavoli e i clienti, in modo da poter intervenire a ogni richiesta o esigenza.

E ora qualche curiosità su camerieri un po’ speciali.
-Se avete un fratello (o sorella) gemello, non siete timidi e l’inverno russo non vi spaventa, a Mosca c’è il posto giusto per voi. Al Twin Stars, ristorante al centro della città frequentato da vip e gente dello spettacolo, camerieri e barman sono tutti gemelli perfettamente identici. Il personale viene reclutato dopo un apposito casting in cui gli aspiranti camerieri e cameriere devono dimostrare non tanto di saper servire ai tavoli, quanto di saper intrattenere i clienti, che, a detta del proprietario, apprezzano molto questa trovata.
-Se al freddo della Russia preferite il cielo grigio di Londra, potete trasferirvi in Gran Bretagna e trovare un ottimo e ben remunerato impiego. Requisiti necessari: amare i cani e sopportare i capricci dei sovrani, solo così potreste candidarvi al ruolo di cameriere ufficiale dei corgis della regina Elisabetta. A voi spetterà il compito di servire ai cagnolini reali i filetti di manzo o il petto di pollo che un apposito chef avrà preparato esclusivamente per loro.
-Molti personaggi famosi prima di fare carriera hanno fatto i camerieri per brevi periodi della loro vita, ma nessuno avrebbe mai potuto immaginare che anche il personaggio più geniale della storia italiana, Leonardo da Vinci, avesse potuto servire ai tavoli. E invece sì, a quanto pare, il giovane Leonardo per qualche tempo avrebbe lavorato presso la Taverna delle tre lumache, una locanda vicino al Ponte Vecchio a Firenze, prima come semplice cameriere e poi promosso a capo-cuoco. Ovviamente anche in cucina mise in azione il suo estro tanto da inventare alcuni strumenti utili per affettare e sminuzzare gli ingredienti.